
Il Correttivo al Codice dei Contratti. La fine del project financing?
L’istituto del project financing ha subito significative modifiche a seguito della integrale sostituzione, ad opera dell’art. 57 del D.Lgs. n. 209/2024 (c.d. il “Correttivo”), dell’art. 193 del D.Lgs. n. 36/2023 (il “Codice”), con impatti potenzialmente negativi per la promozione dell’iniziativa privata nella realizzazione di opere pubbliche.
In particolare, con il Correttivo, è stato rivisto il meccanismo di attribuzione del diritto di prelazione al promotore dell’iniziativa che, se prima veniva assegnato automaticamente a quest’ultimo in assenza di una vera e propria fase precompetitiva finalizzata alla scelta di quella di maggior interesse pubblico, ora viene collegato alla sola proposta selezionata dalla P.A all’esito di una innovativa fase preliminare di comparazione tra quella originariamente presentata e quelle eventualmente formulate da altri operatori a seguito della pubblicazione sul sito istituzionale dell’ente di apposito avviso.
Nella vigenza del precedente regime normativo (quello contenuto sia nell’art. 153 del D.Lgs. n. 163/2006, sia nell’art. 183 del D.Lgs. n. 50/2016, sia nell’originario art. 193 del D.Lgs. n. 36/2023), il soggetto che “promuoveva” la realizzazione di opere pubbliche in regime di project financing, presentando all’Amministrazione, tra l’altro, un progetto di fattibilità tecnico-economica per la cui elaborazione aveva investito anche centinaia di migliaia di euro, godeva, ad esito del lungo e tortuoso iter amministrativo attivato per la dichiarazione di pubblico interesse e per le accessive approvazioni, del diritto di prelazione nel caso in cui il contratto, a seguito della successiva fase evidenziale, fosse stato aggiudicato ad un soggetto diverso dal promotore.
Sicché l’istituto del project così come precedentemente disciplinato, in aderenza alle sue origini anglosassoni, costituiva una peculiare modalità di concezione del rapporto pubblico/privato nella realizzazione delle opere pubbliche dove, a fronte del tradizionale meccanismo per il quale la P.A. programma e progetta l’opera e l’operatore economico concorre in gara per aggiudicarsi, per l’appunto, il diritto di realizzarla, veniva premiato il promotore che aveva sostituito la P.A. nella detta attività programmatoria e progettuale predisponendo, senza garanzia di alcun ritorno economico, un prodotto complesso quale la proposta ai sensi dell’art. 193 del Codice, corredata dal progetto di fattibilità, dalla bozza di convenzione, dal PEF asseverato e dalla specificazione del servizio e della gestione.
Ebbene, proprio il diritto di prelazione al promotore è stato oggetto di plurime contestazioni da parte di coloro che, in nome del principio di concorrenza, vedevano nel detto regime una inammissibile distorsione economica a vantaggio di un operatore e a discapito di altri, i quali avevano ben poche ragioni di partecipare alla gara indetta per l’affidamento del contratto pubblico a chiusura del tortuoso iter avviato dal promotore a fronte, proprio, del diritto di prelazione attribuito a quest’ultimo per legge.
Non a caso, il Consiglio di Stato, Sez. V, con ordinanza n. 9449/2024, rimetteva alla Corte di Giustizia dell’UE la seguente questione pregiudiziale: “Se i principi di libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, interpretati alla luce dei principi di proporzionalità, buona amministrazione ed efficienza, ostino alla disciplina nazionale della prelazione contenuta nell’art. 183, co. 15, D.lgs. 50/2016”; in particolare, per quanto di interesse, tra le motivazioni dell’ordinanza di rimessione, il G.A. dubitava della legittimità del procedimento disciplinato dall’art. 183, comma 15, del D.Lgs. n. 50/2016, in quanto quest’ultimo “non richiede una trasparenza iniziale in ordine alla posizione privilegiata del promotore (…), posto che la prelazione è resa nota con l’avvio della gara successiva alla presentazione della proposta, mentre la posizione privilegiata trova causa in una condotta precedente a detta comunicazione”.
La modifica apportata dal Correttivo, con la quale è stato introdotto, dunque, l’obbligo di pubblicità dell’avvenuta presentazione della proposta, nonché di una preliminare fase comparativa tra i soggetti eventualmente interessati al contratto pubblico, deve probabilmente la sua genesi anche all’intervento di riforma del project financing attuato con il D.L. n. 76/2020, con il quale il legislatore ha allargato i confini dell’istituto ben oltre quelli che fondavano la sua originaria ratio.
Ed invero, il sistema tradizionale si imperniava su di un principio chiaro: il project financing ad iniziativa privata era ammesso solo per opere non inserite nell’elenco triennale di programmazione dell’ente, traslando così sui promotori non solo il rischio di disponibilità, di domanda e di costruzione, ma anche quello più propriamente di natura amministrativa, laddove non vi era alcuna certezza che l’Amministrazione avrebbe ravvisato l’interesse pubblico alla realizzazione dell’iniziativa ideata dal privato; interesse, invece, certamente sussistente in caso di project financing ad iniziativa pubblica, e cioè allorquando l’intervento fosse già inserito nell’elenco triennale delle opere in programmazione, per le quali, dunque, il privato non aveva fornito alcun contributo programmatorio che giustificasse l’attribuzione del diritto di prelazione, laddove, appunto, in tale caso, l’ordinamento non ne prevedeva la concessione.
In altri termini, proprio il quid pluris fornito dal promotore, rappresentato dal rischioso contributo all’attività di programmazione della P.A. – ben differente dall’ipotesi classica della mera partecipazione ad una gara in situazione di parità con tutti gli altri operatori economici qualificati ed interessati – giustificava il diritto di prelazione, perché costituente un presupposto in assenza del quale risultava mancante proprio il bene contendibile sul mercato che sarebbe diventato oggetto, poi, di contratto pubblico.
Tale impianto normativo ha retto per oltre venti anni senza particolari problemi di sorta.
Ebbene, con il D.L. n. 76/2020, in piena emergenza pandemica, l’art. 183, comma 15, del D.Lgs. n. 50/2016 muta la propria disciplina, consentendo al privato di presentare proposte “anche per opere già incluse nella programmazione”, sovvertendo, dunque, l’equilibrio della disciplina originaria fondato, per l’appunto, con riferimento all’attribuzione del diritto di prelazione, sulla dicotomia opere non programmate/opere programmate, finendo per concedere il detto diritto anche per le prime, in assenza, dunque, di un vero e proprio contributo programmatorio all’Amministrazione apportato dal privato.
In continuità con tale normativa, il D.Lgs. n. 36/2023, nella versione ante Correttivo, consolidava tale impostazione, prevedendo che le proposte di project financing potessero derivare non solo da libere iniziative dell’operatore economico, ma anche su sollecitazione della pubblica amministrazione ed anche per opere già inserite in programmazione; in particolare, sulla scorta di una prassi amministrativa adottata dagli enti pubblici ed avallata dall’ANAC, veniva addirittura istituzionalizzata la possibilità che le proposte potessero essere presentate previa pubblicazione di una richiesta di manifestazione di interesse formulata dalla P.A.
Per rispondere alle critiche di violazione dei principi concorrenziali, e probabilmente facendone di tutta l’erba un fascio, il Correttivo ha introdotto, pertanto, con l’integrale sostituzione dell’art. 193, nuove fasi procedimentali per l’attribuzione del diritto di prelazione in caso di presentazione da parte di un privato di una proposta anche per un’opera non inclusa nell’elenco triennale di programmazione dell’ente: invero, la P.A., dopo aver verificato l’interesse pubblico alla proposta, è tenuta a pubblicare un avviso sul proprio sito istituzionale per un periodo pari ad almeno 60 giorni per consentire la presentazione di eventuali proposte concorrenti.
Ebbene, solo al termine della eventuale fase amministrativa di comparazione tra le proposte presentate, volta alla individuazione di quella di maggior interesse pubblico, viene selezionata la proposta da porre a base di gara, cui viene ancorato il diritto di prelazione in caso di mancata aggiudicazione del contratto da parte del proponente.
È stato, dunque, da una parte, procedimentalizzato quanto, in realtà, la giurisprudenza amministrativa aveva già stabilito in caso di contemporanea pendenza di più proposte di project financing aventi il medesimo oggetto, e cioè che: “ciò che tuttavia non è in discussione è che una verifica quanto meno preliminare va svolta nei confronti di tutte le proposte presentate, nell’interesse non solo dell’operatore economico privato, ma anche della stessa amministrazione (come da ultimo ribadito da Cons. Stato, III, 2 agosto 2017, n. 3872, citata da Enel Sole, secondo cui «Anche a fronte della pluralità di proposte, infatti, l’individuazione e la miglior specificazione del pubblico interesse non può che conseguire alla comparazione di esse»” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 4777/2018); dall’altra parte, però, è stato aggiunto l’onere di pubblicazione dell’avvenuta presentazione della proposta da parte del promotore, e ciò, evidentemente, al fine di “stimolare” il mercato alla formulazione di iniziative analoghe, con l’inevitabile conseguenza, peraltro, di incrementare le ipotesi di contenziosi che incideranno, con ogni probabilità, sullo stesso funzionamento dell’istituto.
All’uopo, con il Correttivo, viene aggiunto il nuovo art. 6-bis all’Allegato I.7 al Codice, a mezzo del quale viene snellito il numero degli allegati del progetto di fattibilità in caso di formulazione di proposte ai sensi dell’art. 193 del Codice; ciò al fine, evidentemente, di non onerare il promotore di approfondite e costose analisi da condurre per la presentazione della proposta che, in virtù della introduzione di una preliminare fase comparativa, ben potrebbe non essere ritenuta la “migliore” dalla P.A.; e difatti, viene previsto che soltanto successivamente a tale fase l’operatore debba integrare gli elaborati progettuali con gli ulteriori elementi che ordinariamente deve contenere il progetto di fattibilità tecnica ed economica, indicati all’art. 6 dell’Allegato I.7 al D.Lgs. n. 36/2023.
Il mutamento normativo introdotto dal Correttivo ha modificato in maniera sostanziale l’impianto del project financing, introducendo una preliminare fase di pubblicità della proposta ed una successiva fase di eventuale comparazione tra quelle presentate all’Amministrazione; fasi finalizzate alla selezione dell’iniziativa più aderente all’interesse pubblico curato dal soggetto pubblico cui, infine, ricollegare il diritto di prelazione.
Pertanto, il legislatore ha imposto nuovi oneri procedimentali nell’ambito di un procedimento, come quello disciplinato dall’art. 193 del Codice, già di per sé particolarmente gravoso e dispendioso per gli operatori economici.
A ciò si aggiunge che, proprio in virtù delle novità introdotte dal Correttivo, si potrebbe produrre una palese distorsione concorrenziale a svantaggio del promotore il quale non solo sopporta senza alcuna garanzia di risultato l’onere di predisporre la proposta, bensì si trova anche nella delicata posizione di dover, evidentemente, consentire l’accesso al contenuto della stessa ai potenziali interessati.
Ciò comporta, evidentemente, che gli ulteriori proponenti potranno, dunque, sfruttare i presupposti, i contenuti ed i risultati cui è pervenuto il promotore per formulare proposte migliorative ai fini della fase di comparazione, concretando una palese anomalia concorrenziale; non è stata prevista, difatti, una limitazione, per legge, al diritto di accesso in tali peculiari fattispecie, non bastando certamente la sola clausola di esclusione prevista per la tutela dei diritti di privativa intellettuale.
In ultimo, si segnala, sempre in ottica disincentivante dell’istituto, che, se dapprima veniva previsto il rimborso al promotore delle spese sostenute per la presentazione della proposta in caso di mancato esercizio del diritto di prelazione ad esito della procedura di gara, ora il diritto al rimborso sembrerebbe attribuito al solo soggetto risultato vincente dalla fase comparativa, che, come visto, ben può non coincidere con colui che originariamente ha presentato la proposta.
Resta da valutare se, dunque, tale assetto contribuirà effettivamente a una maggiore efficienza dell’azione amministrativa in ragione di una maggiore trasparenza e concorrenzialità del sistema o se, al contrario, finirà per disincentivare il partenariato pubblico privato in regime di project financing.
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