
Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 36/2023, recante il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, è mutato l’orientamento giurisprudenziale maggioritario in materia di sostituzione dell’operatore raggruppato colpito da una causa di esclusione; sostituzione che, se prima veniva ammessa soltanto in favore di un soggetto già presente nel raggruppamento, ora viene consentita anche con un operatore economico esterno al detto RTI.
Nonostante la nuova formulazione dell’art. 97, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023, rubricato “Cause di esclusione di partecipanti a raggruppamenti”, sia, su tale specifico punto, in sostanza, analoga alla precedente, contenuta, ai commi 17 e 18 del previgente articolo 48 del D.Lgs. n. 50/2016 – laddove entrambe le fonti normative ammettono espressamente la sostituzione dell’operatore sprovvisto dei requisiti generali “con altro soggetto” – la giurisprudenza, sulla scorta della codificazione dei nuovi principi di fiducia e di risultato, nonché dello spirito “liberalizzatore” che permea il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, ha ammesso, mutando il proprio precedente orientamento, la c.d. modifica del RTI “per addizione”, non limitandola soltanto a quella “per riduzione”.
Ed invero, i giudici partenopei, con la sentenza in commento, hanno sancito che “l’art. 97 D.Lgs. n. 36 del 2023 amplia le possibilità di modifica dei concorrenti a struttura plurisoggettiva, laddove, nell’introdurre la nozione di “sostituzione”, ammette la modifica del raggruppamento anche in via “aggiuntiva”. Il legislatore ha consentito ai raggruppamenti, afflitti da vicende inerenti uno dei suoi componenti per condotte ai primi non imputabili e sulle quali non hanno potere di controllo, di prevedere, oltre alla misura dell’estromissione, anche quella della sostituzione al fine di salvare la partecipazione del raggruppamento alla gara o il contratto già stipulato, consentendo la sostituzione dell’impresa, incisa dalla causa di esclusione o dalla perdita dei requisiti, con l’aggiunta di un nuovo operatore economico in sostituzione del precedente”.
Con il precedente orientamento giurisprudenziale, formatosi nella vigenza dell’art. 48 del precedente Codice dei Contratti Pubblici, contenuto nel D.Lgs. n. 50/2016, il G.A. aveva stabilito, con l’avallo, peraltro, dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sent. nn. 10/2021 e 2/2022), il divieto di modificazione “per addizione” della compagine dei raggruppamenti rispetto a quella risultante dall’impegno assunto in sede di offerta.
Le eccezioni al predetto principio si ascrivevano unicamente alle ipotesi contemplate dall’art. 48, commi 17 e 18, del D.Lgs. n. 50/2016, secondo cui “qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero in caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all’articolo 80, ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante deve recedere dal contratto”.
In particolare, la sostituzione “per addizione” del raggruppato carente dei requisiti generali era preclusa in ragione della necessità di garantire il rispetto del principio di “immodificabilità dell’offerta” in senso soggettivo; principio, direttamente discendente dalla garanzia di par condicio e di concorrenza tra gli operatori economici, violato in caso di mutamento in corso d’opera della composizione originaria del medesimo RTI.
Pertanto, tale indirizzo esegetico – particolarmente restrittivo, non trovando espressa conferma nella lettera della norma – si ascriveva esclusivamente a principi ritenuti connaturati nella stessa disciplina in materia di contratti pubblici; principi che, proprio perché immanenti, ben avrebbero potuto applicarsi anche alla formulazione del nuovo art. 97 del D.Lgs. n. 36/2023.
È evidente, dunque, il cambio di prospettiva della giurisprudenza amministrativa che, anziché ribadire tout court l’inammissibilità della sostituzione “per addizione” del raggruppato colpito da causa di esclusione, ha inteso valorizzare il diverso profilo dell’immodificabilità dell’offerta in senso oggettivo – e non dunque (meramente) soggettivo – laddove ha posto l’attenzione unicamente sulla circostanza che, in tali evenienze, “l’offerta già presentata non può in alcun modo subire modifiche rispetto al contenuto prospettato all’atto della domanda”.
Principi che, peraltro, erano stati in parte già affermati dal Consiglio di Stato, Sez. V, con la sent. n. 5563/2021, secondo cui “ammettendo una tale sostituzione nel caso in esame si finirebbe per consentire un’inammissibile modifica dell’offerta, esclusa dalla stessa Corte di Giustizia anche nell’ambito delle (in sé ammissibili) modifiche soggettive di cui all’art. 63 dir. 2014/24/UE (cfr. Corte di Giustizia, 3 giugno 2021, causa C-210/20, in cui si evidenzia che “quando si vede obbligata, in forza del suo diritto nazionale, ad imporre a un offerente la sostituzione di un soggetto sulle cui capacità esso intende fare affidamento, l’amministrazione aggiudicatrice deve assicurarsi, conformemente ai principi di trasparenza e di parità di trattamento enunciati all’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, che la sostituzione del soggetto interessato non conduca a una modifica sostanziale dell’offerta di tale offerente”).
Con l’inevitabile precipitato che, qualora l’offerta tecnica abbia previsto migliorie che solo l’operatore economico colpito dalla causa di esclusione può offrire, ovvero elementi che, per le specifiche esperienze pregresse del medesimo (si pensi ad esempio agli appalti di servizi, ove oggetto di valutazione è, spesso, la prestazione di analoghi servizi) hanno condotto all’attribuzione del punteggio, la sostituzione “per addizione” (ma, a questo punto, anche “per riduzione”) non potrà essere operata e il RTI dovrà essere escluso dalla procedura di gara.
Il nuovo orientamento giurisprudenziale, inaugurato dalla citata sentenza in commento, che ha, come visto, ammesso la sostituzione anche “per addizione” del raggruppato carente dei requisiti di moralità, sembra, dunque, maggiormente in linea con i principi di buon andamento, di efficacia e di risultato, avendo scardinato il “dogma” dell’immodificabilità soggettiva dell’offerta, a fronte dell’obiettivo perseguito dalla disciplina in materia, non costituito dal mero rispetto sic et simpliciter del principio di concorrenza, bensì dall’esigenza che le opere pubbliche vengano eseguite da un soggetto in possesso dei prescritti requisiti di qualificazione; il tutto, però, così come pure stabilito nella sentenza in commento, sempre nel limite dell’immodificabilità in senso oggettivo dell’offerta presentata dal RTI.
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